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Il dopoguerra e i computer:

Il calcolatore elettronico

Ma la vera sfida è procurarsi le “potenti macchine calcolatrici elettroniche” che all’epoca sono solo anglo-americane. Nel 1944, Picone legge su Stars and Stripes la notizia della costruzione del primo calcolatore a relè, il Mark I, della IBM, progettato da Howard H. Aiken. Si tratta di “un calcolatore elettrico di 35 tonnellate capace di fare semplici addizioni o di trattare le equazioni della dinamica del sistema solare [che] è stato regalato alla Harvard University dalla IBM. Il calcolatore (…) ha richiesto otto anni di lavoro al Commodoro Howard Aiken della Riserva della Marina degli Stati Uniti; la sua costruzione è costata 250.000 dollari”.

Alla fine del 1947, comincia a farsi strada l’idea di costruire in proprio il computer, parallelamente cercando fonti di finanziamento e non rinunciando ai tentativi di stimolare una ripresa dell’interesse per l’Istituto da parte dell’industria privata, che dopo la guerra sembra scemato. Picone, in una lettera del luglio 1947, scrive al matematico Wolfgang Gröbner, da lui assunto all’INAC, dove era rimasto fino alla fine della guerra: “Le sarà noto il grandioso movimento anglo-sassone nella costruzione di potenti macchine calcolatrici […] La più portentosa di tali macchine è in via di costruzione a Princeton, secondo un progetto del valente matematico Von Neumann. Il mio grande desiderio è ora quello di sperimentare, con tale macchina, i nostri metodi”.


Contatti internazionali

Oltreoceano, l’Analisi numerica compie passi da gigante e negli Usa vengono portati avanti numerosi progetti su “macchine calcolatrici a cifre ad alta velocità” la cui costruzione è già cominciata dal 1948. L’undicesimo Congresso internazionale dei matematici, che si tiene a Cambridge (Mass.) nel 1950, è l’occasione per Picone per fare finalmente conoscenza dal vivo dei computers. In compagnia di Gaetano Fichera e dall’ingegnere dell’Olivetti Michele Canepa, Picone organizza un viaggio alla volta degli Usa.

La visita negli Stati Uniti dura ben oltre il Congresso: un mese e mezzo durante il quale saranno visitati diversi centri di calcolo elettronico allo scopo di orientarsi per poi “munire l’Istituto italiano di un elaboratore elettronico adeguato” e il trio prenderà contatto anche con von Neumann, Aiken e con Derrick H. Lehmer, noto per un test sui numeri primi e per aver lavorato a ENIAC (Electronical Numerical Integrator And Computer), il primo computer elettronico general purpose della storia, la cui costruzione era iniziata nel 1943 ed era stata completata nell’autunno del 1945. L’obiettivo di Picone era la costruzione (eventualmente, l’affitto) del primo computer italiano.

L’unico con cui si stringono rapporti precisi è il Computation Laboratory di Aiken, dove Canepa si ferma a collaborare al progetto del Mark IV (un calcolatore elettronico che usava un programma interno alla macchina e memoria a nucleo magnetico che immagazzinava 200 registri), che sarà terminato tra il 1952 e il 1953.

In una lettera ad Aiken del marzo 1951, Picone gli dichiara che il Governo italiano ha intenzione di assegnare fondi per la costruzione, con il supporto della ditta Olivetti, di un grande calcolatore elettronico simile a Mark IV e chiede l’assistenza del Computation Laboratory per la collocazione all’INAC.


Il Centro internazionale di Calcolo

Verso la fine degli anni Quaranta, l’ONU avvia la costruzione di grandi centri internazionali di ricerca. In particolare, il dipartimento di Scienze Esatte Naturali dell’UNESCO promuove l’idea di creare un Centro di Calcolo europeo. Alla fine del 1951, si tiene a Parigi una Conferenza per la progettazione del “Centro Internazionale di Calcolo” e viene approvata una “Convenzione” che stabilisce a Roma la sede e l’inizio del suo funzionamento, non appena dieci paesi avessero ratificato la convenzione stessa.

Alla fine, questo obiettivo non sarà mai raggiunto, non per generiche lungaggini ma per una precisa scelta di politica scientifica da parte dei principali paesi occidentali. Appena siglata la convenzione di Parigi, Usa, Inghilterra, Francia, Germania Occidentale, Svizzera, Austria, Norvegia, Svezia, Olanda, etc., si tirano indietro perché, in sostanza, ognuno vuol far da sé, e pensa di dotarsi di un proprio Centro di calcolo. Dopo un po’, Picone capisce che è il momento di ritirare anche l’Italia dal progetto.

Prima di questi infausti sviluppi, comunque, l’esito della Conferenza venne interpretato come uno straordinario successo di Picone, pronosticato come futuro direttore del Centro. Ma la designazione di Roma come sede e la scelta di affidare all’INAC il compito di costituire l’elemento propulsore rappresenta una complicazione per Picone, in quanto rafforza l’ipotesi dell’acquisto del computer, per il quale, secondo l’UNESCO, si prevede una spesa di 250 mila dollari e lo stanziamento di una somma di circa 100 mila dollari solo per il primo esercizio.

L’IBM, nell’ottobre 1952, cede all’INAC, in uso gratuito, il suo modello 601 a schede perforate. In precedenza, nel maggio 1952, nella seduta del Comitato per la Fisica e la Matematica del CNR, Picone aveva fatto proporre a Signorini la creazione di un Centro di studi elettronici con l’obiettivo di costruire un computer e preparare esperti elettronici. La proposta di Signorini, per la precisione, fu di costruire con la collaborazione della Olivetti una calcolatrice elettronica della serie Mark. Dalla primavera del 1952 comincia la corsa a ostacoli per procurare denaro necessario alla riuscita del progetto di costruzione del computer per l’INAC.


La costruzione del computer fallisce

Picone e i suoi collaboratori compiono imponenti sforzi per avviare la fase esecutiva della costruzione del computer (progetto che però fallirà e lo costringerà a ripiegare sull’acquisto). La scelta di Picone è di puntare sulla statunitense SEAC (Standard Electronic Automatic Computer).

La SEAC fa capo alla Electronic Computer Section del National Bureau of Standards, a cui avrebbe dovuto affiancarsi la S.AR.A. - Elettronica di Roma, ditta specializzata nel campo delle microonde appartenente alla CISA-Viscosa e con stabilimento nella zona della Magliana. La Olivetti, dopo un periodo in cui la sua partecipazione è stata incerta, rinnova la sua piena adesione alla collaborazione. Purtroppo, difficoltà internazionali e interne inducono però Picone ad abbandonare l’idea della costruzione del computer. Tanto più che i rivali incalzano: nel 1954, il Politecnico di Milano decide di acquistare un computer, e il Centro studi calcolatrici elettroniche di Pisa decide di dirottare il finanziamento per la costruzione di un elettrosincrotrone sulla costruzione di un computer.


Arriva il FINAC

Alla fine del ‘54, Picone acquista un modello Manchester Universal Electronic Computer DC.4 o Mark 1*, costruito dalla Ferranti Ltd di Manchester, quarto modello realizzato dalla ditta inglese, al costo di circa 300 milioni di lire (108.800 sterline) provenienti da fondi CNR e ARAR (Azienda Rilievo Alienazione Residuati).

In uno degli ultimi giorni del gennaio 1955, due grossi autocarri con rimorchio scaricano nel cortile del Consiglio Nazionale delle Ricerche trentadue grandi casse, del peso complessivo di dodici tonnellate, che contengono le diverse parti del computer, ribattezzato dal matematico Enzo Aparo con l’acronimo FINAC (Ferranti-INAC-Computer). Riassemblato nei mesi successivi, FINAC viene inaugurato il 14 dicembre 1955 alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Il Presidente Gronchi appare “molto divertito perché l’enorme apparecchio (che occupava l’equivalente di tre stanze, benché avesse 1 K di memoria su tubi Williams e 32K su tamburo magnetico) gli suona la marcia dell’Aida e gli sa dire in quale giorno della settimana è nato”. Continuando con le parole di Enzo Aparo: “Con l’avvento del computer entra all’istituto, come nuovo filone di ricerca, quella che ancora non si chiamava informatica, e ad essa si dedicano con entusiasmo e successo giovani di grande valore come Corrado Boehm, Giorgio Sacerdoti, Paolo Ercoli, Roberto Vacca, [Franco Berenga] e, più tardi, Giuseppe Jacopini” oltre allo stesso Aparo. Il FINAC, primo calcolatore automatico di notevole potenza introdotto in Italia, andrà in pensione nel giugno del 1967, dopo aver dato uno straordinario impulso all’Analisi funzionale e aver contribuito a opere come la diga del Vajont (che non crollò nel disastro del 1956, e che comportò la risoluzione di un sistema di 207 equazioni lineari algebriche).


Nuovi filoni di ricerca

L’entrata in funzione di FINAC cambia lo stile e la qualità di lavoro dell’Istituto, cui si pongono problemi del tutto nuovi legati all’hardware e al software. Nell’ultimo quinquennio della sua direzione (1955-1960), Picone è pronto a gestire questa nuova fase e riesce a progettare i diversi nuovi compiti dell’INAC rispetto ai problemi scientifici, ai problemi legati alla gestione tecnica e operativa di FINAC e a quelli legati all’attività promozionale della cultura informatica nel Paese.

Vengono condotte ricerche per il miglioramento e l’aggiornamento di FINAC e tra i risultati conseguiti c’è l’aumento del 25 per cento della velocità dei trasferimenti magnetici in lettura. Uno dei problemi della gestione tecnica e operativa di FINAC è legato al fatto che il progressivo aumento della sua potenza di calcolo comporta un notevole aumento delle necessità finanziarie dell’INAC per provvedere al necessario ampliamento del personale tecnico e dei locali destinati a laboratorio. A ciò si riesce a far fronte con l’aumentato numero di commesse.


Il momento del CINAC

Nel 1958, Picone riprende i contatti con la Olivetti per la progettazione comune del nuovo “calcolatore INAC”, che sarà battezzato CINAC. Fra il 1958 e il 1959, si muove per dotare l’INAC di un calcolatore più potente di FINAC, i cui limiti sono evidenti rispetto ai computer di nuova generazione, totalmente transistorizzati.

Il momento era quanto mai opportuno perché Mario Tchou, ingegnere nato a Roma da un diplomatico cinese che si era formato negli Usa, era rientrato in Italia nel 1955, all’epoca del progetto della costruzione della “Calcolatrice Elettronica Pisana” (CEP), il primo calcolatore interamente progettato e costruito in Italia, e aveva appena realizzato, nel 1959, l’ELEA-9003 dell’Olivetti, uno dei primissimi computer al mondo interamente a transistor.

Per inciso, anche l’IAC aveva collaborato alla CEP, realizzandone un simulatore sulla CINAC.Purtroppo la prematura morte di Tchou ridimensiona i progetti e il CINAC diventa operativo solo nel 1965. Il CINAC, avrebbe dovuto essere l’ELEA-9004 e il progetto si basava su una collaborazione IAC-Olivetti. Dopo la morte di Tchou e la vendita del settore elettronico a General Electric, il progetto viene abbandonato.