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La nascita dell'Istituto:

La storia dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo si intreccia necessariamente con quella del suo fondatore: Mauro Picone (Palermo, 1885- Roma, 1977).


Guerra e matematica

È un incarico sotto le armi a rivelare al brillante matematico Mauro Picone le enormi potenzialità del calcolo numerico: nel 1916, in pieno primo conflitto mondiale, un colonnello gli affida poco più che trentenne, la preparazione di nuove tavole di tiro per l’artiglieria della V Armata.

Fino a quel momento, l’esercito italiano aveva solo quelle per la pianura, inadatte ai combattimenti prevalentemente di montagna della Grande Guerra. Quando non erano inefficaci, poi, gli attacchi dei soldati italiani rischiavano di colpire le proprie linee. Il colonnello Federico Baistrocchi affida al sottotenente e fervente patriota Mauro Picone il compito di preparare nuove tavole che tengano conto dei dislivelli tra bocca da fuoco e bersaglio. Per Picone, brillantemente laureato in matematica alla Scuola Normale Superiore di Pisa circa dieci anni prima, è presto fatto.

Oltre che per distinguersi e dare ancora una volta prova del suo talento, quella è l’occasione per concepire l’idea di un Istituto in cui le possibilità del calcolo numerico siano messe a disposizione delle scienze sperimentali e tecniche. Un istituto che, parallelamente, avrebbe contribuito profondamente con la sua attività anche al progresso dell’Analisi.

Anche se, come in seguito sosterrà ripetutamente lo stesso Picone, l’idea gli deriva da un piccolo “laboratorio di studi balistici”, in realtà una visione così articolata non può provenire solo da una circostanza episodica. Come scrive Gaetano Fichera (suo allievo, che sarebbe poi divenuto accademico dei Lincei e avrebbe dato importanti contributi all’analisi matematica), “tale creazione fu conseguenza di un processo evolutivo complesso nello sviluppo dell’analisi matematica che, lavorando nel subconscio di un uomo di genio, particolarmente sensibile a tale svolta nel pensiero scientifico qual era Picone, lo condusse, vorrei dire in modo quasi naturale, a dare inizio a un nuovo importante aspetto dell’analisi matematica”.


L’emancipazione del Calcolo: il primo nucleo dell’Istituto a Napoli

Alla fine del 1916, Mauro Picone incontra fortuitamente il grande matematico Vito Volterra nell’anticamera del Comando Supremo dell’Esercito, presso il quale Picone si era dovuto recare per un’improvvisa missione. In divisa di Capitano del Genio, il senatore Volterra, che pochi anni dopo fonderà il Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’attesa di essere ricevuto si intrattiene in una lunga conversazione con Picone, che gli espone la sua idea di un Istituto per le applicazioni del Calcolo. L’entusiasmo di Volterra per questo proposito, che Picone realizzerà dieci anni dopo all’Università di Napoli, è evidente, e Picone ne esce estremamente incoraggiato.

Sempre accompagnato da questa idea, Picone inizia la sua carriera accademica. Il suo talento è evidente e le cattedre si susseguono: diventa professore incaricato di Analisi all’Università degli Studi di Catania, nel 1921 per breve tempo insegna all’Università di Cagliari e quindi ritorna a Catania come titolare. Successivamente, dopo una breve permanenza a Pisa nel 1924-1925, passa a ricoprire la cattedra di Calcolo Infinitesimale all’Università di Napoli. Ed è proprio Napoli, che Picone apprezza per la ricchezza di “gabinetti scientifici” e di “dotazioni librarie”, il teatro scientifico in cui il suo sogno di un Istituto di Calcolo Numerico comincia a prendere corpo.

All’Università di Napoli, Picone ha a disposizione un “gabinetto di Analisi”, che è un ottimo punto di partenza. Presto capisce che c’è bisogno di forze fresche per un progetto innovativo come il suo. Recluta giovani promettenti, i nomi di alcuni dei quali faranno la storia della matematica, come Renato Caccioppoli, il più amato dei suoi allievi.

Il neonato laboratorio di Calcolo riceve un consistente finanziamento dal Consorzio universitario, che era cofinanziato dal Banco di Napoli diretto da Nicola Miraglia. “Don Nicola” era stato informato da uno dei consiglieri di amministrazione del Banco delle potenzialità del Laboratorio di Calcolo dell’Università di Napoli. Il saggio consigliere, in questo caso, è il matematico ed economista Luigi Amoroso, amico di Picone e in forze all’Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali. Il 28 maggio del 1926, il Consorzio, dopo una lettera inviata da Miraglia al Rettore dell’Università di Napoli Ferruccio Zambonini nel novembre del 1925, decide di assegnare la somma di 20.000 lire (circa 15 mila euro attuali) al gabinetto di Picone per “acquisto di macchine calcolatrici”.

L’anno successivo, il 1927, è quello in cui prende il via ufficialmente l’Istituto di Calcolo per l’Analisi numerica che per qualche anno, come scrive Miranda, “visse una vita modesta ma feconda in perfetta simbiosi con il Gabinetto di Analisi infinitesimale”. È proprio nel periodo tra le due guerre che il complesso di metodi e di teorie cui conduce l’approccio quantitativo, il calcolo insomma, comincia a organizzarsi in disciplina autonoma, abbandonando il ruolo ancillare di semplice capitolo dell’Analisi classica.


Il trasferimento a Roma

Ma il 1927 è un anno cruciale anche per un altro motivo. È infatti l’anno in cui un decreto legge riordina il Consiglio Nazionale delle Ricerche: allontanato Volterra, in contrasto con la politica di regime, la presidenza del CNR viene affidata a Guglielmo Marconi, accentuandone la subalternità al regime fascista. Vengono istituiti dodici comitati disciplinari, tra cui quello dei matematici, guidati da un Direttorio.

Il direttorio è inizialmente condotto da Luigi Bianchi, che Picone aveva avuto come insegnante a Pisa, come presidente e Enrico Bompiani come segretario. Un anno dopo, Gaetano Scorza sarà chiamato a sostituire Bianchi, deceduto nel giugno 1928. Scorza conosce perfettamente le idee di Picone perché suo collega e anche perché suo figlio, Giuseppe, è uno degli assistenti di Picone a Napoli, e se ne farà convinto portavoce. Picone, intanto, è uno dei membri della Giunta Esecutiva del Comitato Nazionale Matematico del CNR.

Ma se Scorza è entusiasta dell’idea della nascita di un Istituto Centrale di Calcolo, non si può dire lo stesso di tutto il resto della comunità scientifica dell’epoca. Non mancano, infatti, le voci degli scettici, come, per esempio, i membri dell’Osservatorio Astronomico di Napoli, che sottolineano di avere addirittura “più calcolatrici” dell’Istituto di Calcolo allora esistente e che, in sostanza, non avrebbe avuto senso creare una struttura che si dedicasse al calcolo in generale ma sarebbe stato opportuno, magari, far sorgere Laboratori per “calcoli in settori specifici”.

Il clima generale, tuttavia, sembra propizio alle innovazioni. Tutti gli atti del Comitato Nazionale Matematico durante la gestione Scorza-Bompiani sembrano indirizzati verso la valorizzazione dei settori più nuovi e vitali della matematica, rappresentati dal Calcolo delle probabilità (e discipline affini) e dal tipo di ricerche avviate da Picone nel suo “Gabinetto di Analisi infinitesimale” la cui trasformazione in “Istituto Centrale di Calcolo” del CNR è documentata per la prima volta nella Relazione sull’attività del Comitato Matematico del 1929.

In questo documento si precisa, a proposito dell’iniziativa della nascita di un Istituto Centrale di Calcolo che “gli sviluppi enormi della scienza sperimentale e gli ardimenti sempre maggiori della tecnica nell’ultimo trentennio hanno obbligato scienziati e costruttori a rivedere l’impostazione analitica dei loro problemi o a formularne altri completamente nuovi. D’altra parte l’Analisi Matematica ha pure compiuto nello stesso periodo progressi notevolissimi. Come non si può pretendere che lo sperimentatore o l’ingegnere posseggano con sicurezza i mezzi più moderni offerti dalla Analisi Matematica, così il matematico ignora generalmente i problemi alla soluzione dei quali lo sperimentatore o l’ingegnere sono urgentemente interessati. Di qui la necessità di organizzare una collaborazione sistematica fra questi due gruppi di scienziati. Organo di questa collaborazione sarà l’Istituto Centrale di Calcolo al quale si potranno rivolgere enti o privati per l’impostazione o per la risoluzione numerica di problemi ad essi interessanti”. E, in una “Memoria presentata al Consiglio Nazionale delle Ricerche” dell’aprile del 1929 scritta da Picone e inviata da Scorza al presidente Marconi, si legge ancora che una “stretta, continua, ben organizzata collaborazione, il più possibilmente diffusa, tra gli analisti matematici e i ricercatori sperimentali dovrebbe arrecare enormi vantaggi sia al progresso delle scienze sperimentali e di applicazione, che a quello delle matematiche pure”, una collaborazione da raggiungere attraverso la “creazione in Roma di un Istituto Centrale di Calcolo, al quale dovrebbero essere richiesti lo studio e la soluzione dei problemi di analisi matematica che sorgono nelle scienze sperimentali e nelle applicazioni pratiche di tali scienze, con la condizione di pervenire a formule risolutive, valutabili numericamente, con un assegnato grado di approssimazione”.

L’archivio storico dell’IAC contiene poi un documento dattiloscritto che risale a quel periodo e che dovrebbe corrispondere ai due elenchi di “problemi di interesse pratico che potrebbero essere stati trattati dall’Istituto”. In esso leggiamo di “Costruzione delle macchine motrici”, “Costruzione di dighe, ponti, volte di grandi sale, di strade, ferrovie, canali”, di “Consulenza scientifica per gli Uffici Tecnici dei Ministeri della Difesa nazionale”, “Compilazione, infine, di tabelle numeriche in genere”. Uno dei primi problemi proposti a Picone è stato, nel 1931, la risoluzione di un sistema di n equazioni quadratiche a n incognite (con n molto grande, 50, 60 o anche più) per il calcolo delle pressioni nelle tubature della distribuzione del gas a Milano. Il problema fu risolto con un metodo ad hoc da Gabriele Mammana.

Nel 1932, Mauro Picone viene chiamato a ricoprire la cattedra di “analisi superiore” all’Università di Roma, andando a sostituire– per una tragica ironia del destino – Volterra, cacciato dal fascismo per essersi rifiutato di prestare giuramento di fedeltà al regime. A Roma, Picone andrà a dirigere l’Istituto di Calcolo, come risulta da “La Ricerca Scientifica” (ex “Bollettino d’Informazioni” del CNR) in cui si comunica che l’ “Istituto centrale di calcoli tecnici” sarà “diretto dal Prof. Mauro Picone e inizierà il suo regolare funzionamento nel prossimo autunno”. L’Istituto, dopo alcune peregrinazioni, nel novembre del 1937 si stabilirà nella nuova sede del CNR a Piazza Frentani (oggi Piazzale Aldo Moro) inaugurata il 21 novembre 1936. I campi in cui è chiamato ad attivarsi sono i più diversi, dalla fisica atomica, alla statistica sulla criminalità in Italia, alle analisi meteorologiche. Nel 1939 prenderà il nome di “Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo” (INAC).


Attività prima della Seconda guerra mondiale

Nel biennio 1933-1934 restano rari e episodici i problemi industriali o proposti da strutture industriali o scientifiche con cui è chiamato a cimentarsi l’Istituto. E, ancora una volta, Picone scende in campo per difendere la sua creatura: sempre molto dinamico anche nel cercare i vitali contributi finanziari alla struttura, si impegna in prima persona e in modo notevole nella divulgazione, organizzando giri di conferenze e altri interventi che puntano a catturare l’attenzione del mondo industriale (e, in particolare, delle industrie elettriche).

Nel quadriennio 1933-1937 (anno in cui muore Marconi e viene sostituito da Pietro Badoglio al vertice del CNR) il bilancio dell’INAC si può considerare tutto sommato positivo: consistente il numero delle commesse ricevute da parte dei Ministeri militari e dei Lavori pubblici, mentre si mantiene ancora esiguo quello da parte dell’apparato industriale italiano. Nel 1937 si è in piena campagna “autarchica”. Il Gran Consiglio del fascismo dichiara la necessità di subordinare ogni scelta politica alle esigenze della preparazione bellica e chiama la scienza e la tecnica a collaborare. Picone, che nel 1923 scriveva “In una futura guerra vinceranno gli eserciti che saranno tecnicamente più preparati; le future guerre saranno guerra fra scienziati”, appare del tutto interno a questo clima e l’INAC diventa in breve il fiore all’occhiello di Badoglio che parla con enfasi del ruolo e dell’importanza che l’Istituto riveste “in un moderno paese industriale”.


Le leggi razziali e la guerra

Il 1938 è l’anno delle leggi razziali del fascismo. Sono irreparabili i danni che queste arrecano anche alla scienza e alla matematica. Nel 1939, con l’occupazione della Polonia (1 settembre) ha di fatto inizio la seconda guerra mondiale che nel giugno del 1944, con l’occupazione di Roma e lo sbarco in Normandia, si avvia alla conclusione.

Le caratteristiche emerse nell’attività svolta dall’INAC nei suoi primi anni di guerra si accentueranno man mano che si avanza nel corso della seconda guerra mondiale. Badoglio aveva aiutato l’INAC con un appello, e momentaneamente erano aumentate le commesse da parte dell’industria privata. Con la guerra, però le Forze armate diventano il principale committente dell’INAC a cui vengono affidati lavori come l’elaborazione delle tavole di tiro per l’aeronautica e l’artiglieria, gli abachi generali per il tiro obliquo e da aeromobile, il calcolo rigoroso delle traiettorie fondamentali per la compilazione di tavole di tiro contraereo.

Nel periodo immediatamente precedente all’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940), l’Istituto vive un grande dinamismo. Arrivano contatti prestigiosi, come la proposta di ricerche sulla “meccanica del volo” da parte di Gaetano Arturo Crocco, nome di assoluto rilievo nella scienza aeronautica italiana. l’Istituto collabora poi con l’Istituto Nazionale di Elettrotecnica “Galileo Ferraris”, con il Centro Radioelettrico Sperimentale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, con il Comitato Nazionale per la Radiotecnica e le Telecomunicazioni. Altre ricerche in cui è impegnato si riferiscono poi alla teoria non lineare dei circuiti elettrici, e sono proposte addirittura dal National Physical Laboratory di Londra.

Molte, comunque, sono le richieste che provengono dallo Stato Maggiore dell’Arma Aeronautica, soprattutto con riferimento ad abachi per il tiro da bombardamento da aereo. Una ricerca di grande interesse è quella proposta dal Comitato per i progetti dei velivoli, che riguarda la brachistocrona del velivolo in virata corretta tra due direzioni assegnate. Se ne occupa Leonida Tonelli, chiamato come consulente, che riesce a risolvere il problema, e il suo lavoro aggiunge un nuovo capitolo al calcolo delle variazioni “Si ha così un nuovo brillante esempio di progresso per la matematica pura, dovuto a un nuovo problema di applicazione”, sarà il commento entusiasta di Picone.

In una relazione del 1942, si accenna a una ricerca proposta dalla Società Adriatica di Elettricità per la regolazione delle acque in un complesso idroelettrico e una proposta dall’Azienda Governatoriale ed Acque di Roma, per il funzionamento idraulico dell’impianto idroelettrico di Salisano. Per quest’ultima, risulta decisiva la consulenza di Renato Caccioppoli, che ha generato nuovi criteri per il comportamento asintotico degli integrali di una classe generale di sistemi di equazioni differenziali non lineari. Aldo Ghizzetti poi, in forze all’Istituto e futuro direttore, riesce a elaborare metodi di calcolo approssimato relativi agli integrali di sistemi più particolari di questa classe (che possono essere perseguiti anche con i mezzi a disposizione dei tecnici dell’industria).


Verso la fine della guerra, le epurazioni

Il peggioramento, nel corso del tempo, della situazione bellica italiana si riflette anche sul CNR. Nel settembre del 1941 cambia la Presidenza dell’ente: a Badoglio subentra Giancarlo Vallauri che lascerà poi la sua poltrona a Francesco Giordani nel 1943. Nello stesso anno, un nuovo decreto riordina ancora l’ente, aggiungendo ai suoi già difficili problemi di immobilismo un’ulteriore burocratizzazione. Con i drammatici avvenimenti del giugno-luglio 1943 e dell’8 settembre, l’attività del CNR subisce un momento di arresto. Il primo dicembre 1943, il CNR viene trasferito a Venezia. L’INAC resta però a Roma, a eccezione di alcuni membri della sezione di balistica.

Questa permanenza è il risultato della grande abilità argomentativa di Picone che non solo non fa traslocare l’INAC (sottolineando che non è possibile ricostruire dall’oggi al domani la rete scientifica tessuta fino ad allora) ma pone le basi per il rilancio dello stesso istituto che da Roma potrà essere decisivo nella fase di ricostruzione del Paese dopo la fine della guerra. L’indisponibilità della sede centrale del CNR obbliga intanto il personale INAC a lavorare in alcune sale concesse dall’Accademia d’Italia, mentre le “macchine” vengono messe in salvo disperdendole nelle abitazioni private del personale o di amici.

Qualche anno dopo, nel 1945, proprio questo gesto, il rifiuto di spostare la sede a Venezia, sarà molto probabilmente alla base del proscioglimento di Picone da parte della Commissione per l’epurazione del personale universitario (dopo il deferimento dello stesso Picone e di tutti i matematici di Roma da parte dell’Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo).

Nel 1944, il matematico Guido Castelnuovo viene nominato commissario straordinario dal CNR, con il compito di organizzare il personale (anche in base alle epurazioni in corso). Il commissariamento dura quattro mesi, e a dicembre 1944, Castelnuovo viene sostituito dal nuovo presidente, Gustavo Colonnetti. In due mesi, Colonnetti mette a punto un nuovo ordinamento dell’ente.

Il 31 dicembre del 1945, il Presidente del CNR e il Rettore dell’Università di Roma firmano la convenzione, di durata quinquennale e rinnovabile tacitamente, per “l’istituzione di un Centro di studio per le Applicazioni del Calcolo” con la direzione che poteva essere affidata a “un matematico di chiara fama, particolarmente esperto nelle materie che formano oggetto dell’attività del Centro”. Durante la prima attuazione della Convenzione, tuttavia, il Centro restava indiscutibilmente nelle mani di Picone. Le apparecchiature dell’INAC passano in dotazione al Centro, pur restando di proprietà del CNR. Anche in questa fase, Mauro Picone si distingue per le sue eccellenti qualità di talent scout, portando nel Centro non soltanto la maggior parte del vecchio personale dell’INAC ma anche alcuni giovani di qualità come il già ricordato Aldo Ghizzetti, Gaetano Fichera e il polacco Wolf Gross.

All’indomani della guerra, la riconversione dell’INAC si fonda su lavori utili alla ricostruzione del Paese: calcoli per il cemento armato, degli sforzi nelle grandi dighe di sbarramento, etc. Quest’ultima attività, in particolare, porta a sviluppare nuovi metodi di integrazione per i sistemi di equazioni a derivate parziali.